Archivio Legislazione Civile

Home / Tutela civile / Archivio Legislazione Civile / Divorzio breve 2014 in Italia: ecco come funzionano le nuove regole

Divorzio breve 2014 in Italia: ecco come funzionano le nuove regole

divorzio breve

La Commissione Giustizia della Camera ha dato il via libera al testo base riguardante il divorzio breve, con le novità che vanno a modificare l'Art. 3 della legge n. 898/70 sul divorzio. I tempi di approvazione saranno decisamente più brevi (basterà un anno di separazione contro gli attuali tre), e renderanno più semplice l'iter per lo scioglimento del vincolo matrimoniale. E con le ultime proposte del ministro della Giustizia Andrea Orlando, in caso di addio consensuali non sarà più necessario per i coniugi apparire davanti ad un giudice, ma sarà sufficiente un accordo coi rispettivi avvocati. Vediamo le novità previste per il 2014, compresi i "paletti" posti dalla giurisprudenza sui rapporti economici post-matrimoniali. BASTA UN ANNO Introdotta la possibilità di divorziare dopo un solo anno di separazione, anziché dopo 3 anni come previsto dall'attuale legge in materia. Sarà addirittura possibile farlo anche solo dopo soli 9 mesi, purché sussistano determinate condizioni: assenza di figli minorenni e accordo consensuale. Inoltre, secondo lo schema di Ddl, i nuovi termini decorrono dal deposito della domanda di separazione e non, come accade ora, dalla comparizione dei coniugi di fronte al presidente del tribunale nella procedura di separazione. Lo scioglimento della comunione dei beni, inoltre, sarà possibile già dal momento in cui arriva l'autorizzazione da parte del giudice a vivere separatamente. NIENTE PIÙ GIUDICE Ma la novità più forte, che renderebbe superflua la comparizione dinanzi al giudice di cui al punto precedente, è quella che vuole introdurre il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha esposto il proprio programma in commissione Giustizia al Senato (imminente un provvedimento, forse anche un decreto legge). Nello schema di Orlando la coppia che sceglie di dirsi addio in modo consensuale non ha l'obbligo di presentarsi davanti a un giudice, tutto si risolverà con un accordo tra i coniugi assistiti dai rispettivi avvocati. L'Italia intende così rifarsi al modello francese di "procedura di negoziazione assistita da un avvocato". La previsione - spiega Orlando - è che "l'accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell'intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap". Recentemente la Commissione giustizia della Camera ha approvato un testo bipartisan sul divorzio breve (un anno dalla separazione consensuale contro i tre attualmente previsti per legge), ma il provvedimento di Orlando introduce l'ulteriore novità dell'accordo senza mettere piede in tribunale. Il tutto rientra in un necessario piano di semplificazione delle procedure: le cause pendenti che ingolfano i tribunali verranno risolte con procedure alternative o trasferite in una sede arbitrale. Vi rientrano le separazioni e i divorzi (ma non il lavoro, la previdenza e l'assistenza).

IL RESTO D'EUROPA La legge italiana attuale è piuttosto distante da quelle di altri Paesi europei. In Francia, infatti, se la decisione di porre fine all'unione è consensuale non è necessario alcun periodo di separazione, mentre se non è consensuale il divorzio può essere concesso dopo soli due anni. La procedura tedesca prevede un anno di separazione se vi è consenso e tre se non c'è. In Gran Bretagna sono previsti due o cinque anni di separazione, ma se si dichiara che vi è stato da parte dell'altro coniuge un "comportamento che rende insostenibile la prosecuzione del rapporto" il giudice può dichiarare immediatamente il divorzio. "Ci auguriamo - ha detto la relatrice del ddl Alessandra Moretti (Pd) - che il percorso di questa legge, per troppe volte rimandata nelle scorse legislature, possa essere rapido, anche grazie all'accordo preso dai presidenti di Camera e Senato che hanno previsto tempi stretti per la calendarizzazione del provvedimento". DOPO IL DIVORZIO/1: I PRESUPPOSTI PER L'ASSEGNO Al coniuge malato e non idoneo al lavoro spetta l'assegno divorzile anche in caso di oggettivo ed evidente sproporzione fra i redditi dei due ex coniugi. È quanto emerge dall'ordinanza 3365/2014 della Cassazione. La Corte di appello, ribaltando la decisione del Tribunale, ha riconosciuto all'ex moglie il diritto a percepire l'assegno. Le condizioni di salute - ad avviso dei giudici - le impedivano di lavorare. Decisione confermata in terzo grado, considerata l'inadeguatezza dei mezzi e l'impossibilità di procurarseli. DOPO IL DIVORZIO/2: L'ASSEGNO PUO' AUMENTARE? Solo ed esclusivamente se il mutamento delle condizioni dell'ex coniuge è tale da cambiarne radicalmente l'assetto patrimoniale. Ad affermarlo è la sentenza 1165/2014 della Cassazione. La controversia nasce dalla domanda di revisione dell'importo, avanzata da una signora divorziata, per via del migliorato stato economico dell'ex marito. Pretesa in quel caso infondata: le variazioni di reddito erano inidonee ad alterare l'equilibrio stabilito dalle parti nel giudizio di divorzio. DOPO IL DIVORZIO/3: LA PENSIONE DI REVERSIBILITA' Per il calcolo della ripartizione della pensione di reversibilità tra l'ex moglie divorziata e l'eventuale vedova, va considerata la data di separazione e la convivenza prematrimoniale della superstite con il defunto. Lo precisa la sentenza 6019/2014 della Cassazione. Ricorso bocciato per la vedova di un uomo, alla cui morte la pensione è stata divisa in parti uguali con la prima moglie. A incidere sul calcolo, oltre alla durata dei matrimoni, è ovviamente anche la presenza di figli con la divorziata, nonché l'eventuale assistenza fino alla morte prestata dalla seconda consorte. DOPO IL DIVORZIO/4: L'EREDITA' Alla morte dell'ex coniuge, l'assegno a carico dell'eredità (a cui può aver diritto il divorziato) va quantificato in base a diversi fattori: misura dell'assegno di divorzio, entità del bisogno, eventuale pensione di reversibilità, sostanze ereditarie, numero e qualità degli eredi e rispettive condizioni economiche. È quanto ricorda la sentenza 1253/2012 della Cassazione. (adsbygoogle = window.adsbygoogle || []).push({}); DOPO IL DIVORZIO/5: IL TFR Al coniuge divorziato cui viene riconosciuto l'assegno, e che non si sia risposato, spetta una quota del Tfr maturato dall'ex. Quota calcolata solo sulla somma corrisposta al lavoratore dopo la sentenza di divorzio. A chiarirlo è l'ordinanza 24421/2013 della Cassazione, che ha respinto la richiesta di riscuotere una quota del trattamento calcolata sull'intera liquidazione avanzata dall'ex moglie.


Firma: quifinanza.it

( 26 novembre 2014 )

Web design: Nativedesign.it
Tutela Legale Donna © 2014 : Privacy policy : Seguici su Facebook